Un focus sul tumore al pancreas che ha ucciso Vialli: le spiegazioni approfondite sulla patologia date da uno dei massimi esperti in materia
Il tumore al pancreas, come quello che ha colpito Gianluca Vialli è tra le malattie oncologiche più insidiose oggi. Si tratta di una patologia per la quale ci sono poche certezze sulla cura e che purtroppo è in forte crescita. Lo ha sottolineato a chiare linee Giorgio Ercolani, direttore della Chirurgia e Terapie Oncologiche Avanzate di Forlì e professore ordinario di Chirurgia all’Università di Bologna e massimo esperto di chirurgia oncologica epato-bilio-pancreatica a Forlì Today.
Il caso di Gianluca Vialli seguito da tutta l’Italia e non solo è un modo per attenzionare la patologia e rendere chiaro a tutti come il cancro al pancreas sia una forma di tumore duro da sconfiggere, che avanza in modo silente e piano piano conquista la scena. L’ex campione della Sampdoria e Juventus e poi dirigente della Nazionale affianco all’amico Mancini, ci combatteva dal 2017 e qualche giorno fa ha perso per sempre la sua battaglia più dura.
Il tumore al pancreas che ha colpito Vialli: le spiegazioni
Giorgio Ercolani ha risposto ad alcune domande sul tumore al pancreas mostrando in modo chiaro come la malattia non è per nulla da sottovalutare. Solo nel Forlivese l’incidenza è di 120-140 casi all’anno con la necessità di effettuare interventi ed asportazioni. Tra tutti però, dice l’esperto, “Solo il 30-35% dei pazienti con adenocarcinoma del pancreas sono operabili al momento della diagnosi”.
In questa risposta sono racchiuse in parte i motivi per cui il tumore al pancreas è tra i più letali. Il fatto che i primi sintomi si rivelano già in fase avanzata riduce le possibilità di azione, ma non solo. Rispetto ad altri tumori, spiega Ercolani, per questa specifica patologia non ci sono ancora chemioterapie efficaci ed inoltre non è possibile, ancora, attivare uno screening completo della popolazione a rischio.
I sintomi con i quali si manifesta sono diversi: dall’ittero all’alterazione degli indici biochimici “in particolare quelli di colestasi, urine ipercromiche e feci acoliche”. L’età media dei pazienti, spiega il professore, è tra i sessanta ed i settant’anni, ma ci sono sempre delle eccezioni. Ma tutto questo da cosa è provocato? “Non esiste un fattore scatenante” ha chiarito Ercolani. Certamente il fumo e l’alcol sono fattori di rischio come anche la mutazione per Brca e la presenza del diabete che devono indurre chi ne soffre a fare uno screening.