“Il nano di Termini” è il nome con cui è passato alla storia il povero Domenico Semeraro, tassidermista ucciso dal giovane di cui si era innamorato perdutamente. La sua fine è stata spaventosa
di Daniela Germanà
8 Dicembre 2022
Chi era Domenico Semeraro, “il nano di Termini”
In base alla sensibilità odierna, definire “nano” una persona affetta da microsomia è davvero indelicato. Tuttavia, la cronaca impietosa dell’inizio degli anni ’90 è così che appellò il povero Domenico Semeraro (detto Mimmo), 44 anni, vittima di un atroce delitto.
Alto circa 130 centimetri, originario di Ostuni, Semeraro aveva trascorso un’esistenza difficile a causa del bullismo subito per la sua ridotta statura. Soffrì in gioventù di una grande mancanza di affetto e decise che non si sarebbe accontentato di stare ai margini della società, lui voleva emergere a tutti i costi. Lavorò brevemente nel cinema (fu la controfigura di un bambino nel film “Non si sevizia un Paperino” di Lucio Fulci, 1972); divenne poi professore di applicazioni tecniche per poi dedicarsi alla tassidermia. Era un uomo magnetico, un oratore affascinante, dotato di un carisma travolgente, tutte qualità che non si misurano di certo in centimetri. Colmava il vuoto dei suoi giorni attorniandosi di giovani ragazzi. Trasferitosi nella capitale, era solito girare nei dintorni della Stazione Termini in cerca di sesso occasionale.
Domenico Semeraro, il fatale incontro che lo condusse alla morte
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1986. Armando Lovaglio è un giovanissimo ragazzo di 17 anni, bocciato a scuola, disoccupato, che decide di mettersi a lavorare. Trova impiego presso un laboratorio di tassidermia (“Igor”) in via Castro Pretorio, a Roma. Il proprietario è Domenico Semeraro. La relazione tra i due si trasforma presto in ben altro, andando oltre il semplice rapporto tra datore di lavoro e dipendente. É una storia d’amore in piena regola. Semeraro accudisce Armando Lovaglio in ogni modo possibile, lo vizia, fanno gite insieme, gli compra una moto tanto desiderata e che i genitori gli hanno sempre negato. I due hanno anche rapporti intimi.
Passano due anni. La storia tra Semeraro e Lovaglio procede senza intoppi fino a quando venne assunta nello studio di tassidermia una giovane e bella segretaria, Michela Palazzini. Quest’ultima diventerà presto la compagna di Armando; si instaura così un tossico rapporto a tre. La situazione si sgretola quando nel 1989 Michela scopre di essere incinta di Armando. Domenico è diventato un ostacolo per la loro vita di coppia e la nascita della loro nuova famiglia. L’imbalsamatore, però, è morbosamente attaccato al suo giovane amante. Non ne vuole sapere di lasciarlo andare e arriva a ricattarlo con certe foto intime in suo possesso.
L’omicidio
Nel 1990 nasce la bambina di Michela e Armando. Nella notte tra il 25 e il 26 aprile la coppia affronta Domenico Semeraro nel suo laboratorio. Scoppia una lite furiosa. “Il nano di Termini”, disperato, afferra un bisturi e si lancia contro il suo amato. Il ragazzo è più giovane e agile. Con velocità lo disarma e lo strangola con il suo stesso foulard. Semeraro è morto. Michela e Armando si disfano del corpo, chiudendolo in un sacco della spazzatura e lo lasciano in una discarica. Verrà scoperto il giorno dopo. Le frze dell’ordine non impiegano molto a scoprire l’identità dei responsabili. Armando verrà condannato a 15 anni di carcere, mentre Michela sconterà un anno per occultamento di cadavere.