L’ambasciatore italiano in Siam Ettore Grande venne accusato di essere l’autore dell’omicidio di sua moglie, Vincenzina Virando. Molte sono le ombre su questo caso di cronaca nera della prima metà del Novecento
di Daniela Germanà
3 Dicembre 2022
Nato in Piemonte nel 1903, Ettore Grande era un giovane affascinante proveniente da una modesta famiglia ma dotato di grandi ambizioni. Il suo desiderio fin da giovanissimo era quello di elevare la sua condizione sociale e affermarsi intraprendendo la carriera diplomatica. Aveva studiato usufruendo di borse di studio ed era riuscito nel suo intendo. Prima si adoperò a Berlino poi a Tunisi, a Valona in Albania e anche a Charleroi, in Belgio.
Siamo in pieno periodo fascista in Italia. Il regime dell’epoca invitava (per non dire che imponeva) agli uomini con cariche importanti di prendere moglie prima dei 35 anni per dare un’immagine di tradizionalismo e solidità. A Ettore Grande venne affidata l’ambasciata in Siam (l’odierna Thailandia) e prima di partire organizzò il 15 maggio 1938 un incontro al Caffè Baratti di Torino con Vincenzina Virando, bellissima figlia di un facoltoso gioiellerie del capoluogo piemontese, originario di Balma di Viù. Dopo un fidanzamento lampo, i due si sposarono il 31 luglio 1938.
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Lontana da casa e dagli affetti, in una terra sconosciuta e così diversa dalla propria cultura, in compagnia di un uomo, suo marito, forse poco affettuoso, sempre impegnatissimo e che aveva visto per la prima volta solo pochi mesi prima, Vincenzina Virando non era felice di trovarsi in Siam. I testimoni dell’epoca la descrivono come depressa. Già in anni giovanili la donna aveva dato segni di soffrire di problemi di salute mentale su cui all’epoca c’era poca sensibilizzazione.
Venne trovata morta la mattina del 23 novembre 1938. Il suo corpo era in un lago di sangue. Le vennero inferti tre colpi all’altezza del collo, sparati dalla pistola Browning 6,35 di proprietà del marito. Ettore Grande dichiarò che stava facendo la doccia al momento della tragedia. Vennero fatte diverse ipotesi iniziali. Si vagliò l’idea che l’oggetto del gesto fosse proprio l’ambasciatore, target di qualche dissidente politico, e che Vincenzina fosse stata una vittima collaterale. Si pensò anche che potesse essersi trattato di una rapina andata a cattivo fine. La polizia locale concluse archiviando il caso come suicidio. Tuttavia, molte cose non quadravano. Difficilmente qualcuno che tenta di suicidarsi si spara al collo, generalmente punta alle tempie. Inoltre, tre colpi erano un po’ troppi per chi si ferisce con un’arma da fuoco: raramente spara una seconda volta, figuriamoci tre. La famiglia di Vincenzina Virando respinse con forza la tesi del suicidio. S’insinuò che Ettore Grande fosse autore di un uxoricidio.
Nel dicembre del 1938 Ettore Grande tornò in patria con il feretro della moglie. In Italia si seppe poco all’inizio della vicenda perché la censura portata avanti dal regime fascista filtrava ogni notizia che potesse essere giudicata scomoda. Tuttavia, l’ambasciatore venne arrestato il 7 aprile 1939 e iniziò il processo alla Corte d’Assise a Torino. Venne condannato l’11 aprile 1941 a ventiquattro anni di reclusione per omicidio. Si dichiarò sempre innocente. Molti dubbi aleggiarono sulla vicenda. Ettore Grande non aveva motivo per uccidere Vincenzina. Un accordo prematrimoniale stupulava che non avrebbe ereditato nulla della dote della moglie. Inoltre, durante il periodo della sua reclusione, l’uomo ebbe molte occasioni per fuggire ma non lo fece mai, convinto che, essendo privo di macchia, prima o poi avrebbe goduto di una revisione del caso.
In seguito, infatti, venne assolto per insufficienza di prove dalla Corte di Assise di Novara (1946) e prosciolto con formula ampia per non aver commesso il fatto dalla Corte d’Assise di Bologna (1951). Si risposò con Vera Roscheeva, figlia dell’ex governatore di Sofia e segretario generale del Parlamento bulgaro. La donna venne trovata in fin di vita nel 1962 dopo essersi tagliata i polsi. Si salvò e chiese il divorzio in seguito da Ettore Grande. Quest’ultimo morì a Pescara l’8 ottobre 1992 all’età di 89 anni.
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