Pietro Maso uccise i propri genitori 31 anni fa insieme a tre complici. Il suo delitto fu atroce, per futili motivi, aggravato dal legame di parentela. Oggi si dice estremamente pentito del gesto criminale
Una notte terribile quella tra il 16 e il 17 aprile 1991. Siamo Montecchia di Crosara, in provincia di Verona. Pietro Maso è un giovane di 19 anni. Si macchia del più terribile dei reati. Uccise con una furia inaudita i suoi genitori: Antonio Maso e Mariarosa Tessari.
L’omicida non agì da solo. Si fece aiutare da tre amici, complici, più o meno coetanei: Giorgio Carbognin (18 anni), Paolo Cavazza (18 anni) e Damiano Burato (17 anni, quindi l’unico minorenne all’epoca dei fatti). Prima del gesto fatale, Pietro Maso aveva tentato già due volte di eliminare le vittime. Il 3 marzo 1991 tentò di far esplodere la propria casa con due bombole di gas con una centralina di luci psichedeliche: il piano, però, fallì. La seconda volta toccava a Giorgio Carbognin essere artefice principale del crimine; tuttavia, si bloccò prima di compierlo.
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Nella serata del 16 aprile 1991, i coniugi Maso si recarono presso un incontro dei neocatecumenali. Il figlio Pietro, insieme ai suoi complici, si appostarono dentro casa, aspettarono il rientro dei genitori e li aggredirono senza pietà. Antonio Maso venne attaccato con una spranga di ferro, una pentola e, infine, il suo capo fu preso a calci. La moglie, invece, fu percossa con un bloccasterzo e un’altra pentola e venne soffocata mettendole in gola del cotone e chiudendole la faccia in un sacchetto di nylon.
La motivazione del gesto? Il denaro. Pietro Maso voleva mettere la mani sulla sua parte di eredità. I quattro cercarono di mettere in scena una rapina finita male. Il loro trucco non funzionò. Le indagini svolte dai carabinieri portarono direttamente a loro.
Pietro Maso fu condannato a scontare trent’anni di carcere. Venne attribuito in seguito la seminfermità mentale al momento del fatto. É in libertà dal 2013 ma è ricoverato in clinica psichiatrica dal marzo 2016. I complici, Giorgio Carbognin e Paolo Cavazza, hanno scontato una pena di ventisei anni, mentre l’unico minorenne, Damiano Burato, fu condannato a una pena di tredici anni.
A distanza di 31 anni dal crimine, Pietro Maso, ormai 54enne, ha parlato della vicenda nel programma “Cronache Criminali” andato in onda lunedì 14 novembre su Rai 1. Si è dichiarato pentito e ha detto le seguenti parole: “Mi manca la possibilità di dire ai miei genitori che ho bisogno di loro. Perché la vita è difficile e avrei bisogno anche io di essere confortato”.
Ha poi aggiunto: “Umanamente mi mancano perché vorrei il contatto fisico, però spiritualmente mi sono vicini e questo è già molto per me”.