Luciano Luberti, passato alla storia come il Boia di Albenga, è stato un criminale, collaborazionista con il regime nazista durante l’occupazione tedesca nella Seconda Guerra Mondiale. Fu responsabile della morte dei Martiri della Foce
Il 3 Aprile 1970 in via Pallavicini 52 a Roma, dopo una segnalazione, venne trovato il cadavere di Carla Gruber. Il corpo si trovava in avanzato stato di putrefazione. Era morta circa due mesi prima. Indossava un baby doll; attorno vi erano fiori secchi, deodoranti per camuffare l’odore e bottiglie di cloroformio. La donna fu uccisa da un colpo di pistola sparato al cuore. L’arma era ancora lì. A compiere il gesto fu il suo amante, Luciano Luberti. Fu egli stesso ad avvertire la polizia. Accanto a lei venne trovato un biglietto scritto dallo stesso assassino: “Chiudo la porta il 20 gennaio alle ore 16. Che potevo fare di meglio se non amarti sino alla fine dei tuoi giorni, mia diletta Regina? Dammi il tempo di compiere tutto il resto come mi hai ordinato”.
Ma chi era questo Luciano Luberti? Un nome già noto alle forze dell’ordine, passato alla storia come il Boia di Albenga. Nacque a Roma nel 1921, studente universitario di idee fasciste, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 iniziò a lavorare per le SS. Grazie alla sua conoscenza della lingua tedesca, fu mandato alla Feldgendarmerie di Albenga, da qui il suo soprannome.
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Proprio durante il periodo alla Feldgendarmerie, Luciano Luberti si macchiò di crimini di una malignità inaudita; fu responsabile della morte di ben 59 persone note come i Martiri della Foce.
Le torture a cui vennero sottoposte sono spaventose: si parla di pestaggi violenti, bruciature sul corpo con fiammiferi, sigarette spente sulla pelle, frustate, frattura degli arti, strangolamenti, estirparzione a vivo di denti e unghie, amputazione di naso, orecchi e del seno o violenza sessuale sulle donne.
Luberti, dopo la fine della guerra, provò a scappare per arruolarsi nella Legione Straniera. Fu catturato in Francia e processato nel 1946. Venne riconosciuto da un poliziotto, Bruno Mantero, il cui scopo era proprio di catturare il Boia di Albenga, che anni prima aveva ucciso suo fratello, accusato di essere un partigiano.
Fu accusato della morte di oltre 200 persone. Lui stesso dichiarò che fossero più di 300. Tuttavia, lo si potè processare solo per l’uccisione dei 59 Martiri della Foce.
Luciano Luberti: la condanna ridicola
La beffa? Se la cavò solamente con sette anni di reclusione. Non li scontò nemmeno tutti grazie a tre indulti e un condono.
Lo beccano nuovamente nel 1972 per l’omicidio di Carla Gruber. Egli sostenne che si trattò di un gesto d’amore, un’eutanasia verso la donna, malata di tubercolosi e schiava di medicinali.
Venne condannato a ventidue anni, ma il criminologo connivente Aldo Semerari, lo dichiarò incapace di intendere e di volere. La pena fu solo di due anni da scontare nel manicomio criminale di Aversa. Luciano Luberti evase e scontò poi cinque di carcere.
In seguito si trasferì a Padova e prese una laurea in giurisprudenza. Morì nel dicembre del 2002 a causa di un tumore.