Uno dei casi che scosse l’Italia alla fine degli anni ’50 fu il Mistero di via Monaci. Si consumò un omicidio ai danni di Maria Martirano, sposata con Giovanni Fenaroli. Ad attendere la sentenza contro gli indagati fuori dal tribunale ci furono 20mila persone
Il Mistero di via Monaci riguardò un efferato omicidio che avvenne il 10 settembre 1958 a Roma in prossimità di piazza Bologna, nel quartiere Nomentano. La signora Maria Martirano venne ritrovata il giorno seguente dalla sua domestica (Maria Teresa Viti). Il cadavere giaceva riverso nella cucina dell’appartamento. Vennero chiamate immediatamente le forze dell’ordine. Dalle prime indagini emerse che la donna morì per strangolamento.
All’inizio si pensò a una rapina degenerata in un crimine più grave; dalla casa, infatti, mancavano gioielli e 400mila lire in contanti. L’ipotesi, però, venne presto scartata poiché gli ipotetici ladri avevano lasciato una cifra più sostanziosa conservata nell’armadio della camera del marito della vittima, Giovanni Fenaroli. Chi uccise, dunque, Maria Martirano?
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Tra i sospettati dell’omicidio di Maria Martirano c’era il marito, il geometra Giovanni Fenaroli, titolare della società Fenarolimpresa. L’uomo, però, aveva un alibi inattaccabile. Mentre veniva consumato il crimine si trovava nel suo ufficio di Milano in compagnia del ragioniere Egidio Sacchi.
Eppure Fenaroli aveva un movente importante per uccidere la moglie. Sussisteva, infatti, una polizza assicurativa stipulata sulla vita della donna per un valore di 150 milioni di lire.
Gli investigatori non abbandonarono l’ipotesi di un coinvolgimento di Fenaroli. Arrivarono alla conclusione che si fosse avvalso di un sicario, identificato nella figura di Raoul Ghiani.
A quanto pare, Giovanni Fenaroli aveva conosciuto Ghiani tramite una terza persona, Carlo Inzolia, fratello di una sua ex amante. La sera dell’omicidio Fenaroli telefonò alla moglie dicendole che sarebbe passato da casa un uomo per lasciare dei documenti. In questo modo si sarebbe assicurato libero accesso per Ghiani sul luogo del delitto.
Raoul Ghiani era un operaio elettrotecnico che viveva a Milano. Partì in aereo sotto falso nome per Roma, commise l’omicidio per il quale venne ricompensato con un milione di lire, e tornò in treno in Lombardia in tempo per essere a lavoro e non destare sospetti.
Il delitto, però, era pieno di falle. Egidio Sacchi sentì la comunicazione telefonica tra Fenaroli e la moglie; inoltre, Ghiani venne riconosciuto da una serie di passeggeri con i quali viaggiò in treno la sera dell’omicidio.
Il caso scosse il paese intero. Fu la prima volta, infatti, che il pubblico s’interessò a un crimine compiuto con tale organizzazione. L’11 giugno 1961 la Corte d’Assise di Roma condannò Fenaroli e Ghiani all’ergastolo, mentre il terzo complice, Carlo Inzolia venne assolto per insufficienza di prove. Addirittura 20mila persone attesero la sentenza fuori dal tribunale fino alle 5 del mattino. In appello, vennero riconfermate le condanne all’ergastolo per i primi due, mentre Carlo Inzolia fu condannato a 13 anni di reclusione.
Al Mistero di via Monaci è ispirato il film “Il vedovo” di Dino Risi nel 1959 con gli indimenticaili Alberto Sordi e Franca Valeri.
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