La madre accusata per la morte della figlia di 18 mesi, Alessia Pifferi, è tornata in aula e ha chiesto una fotografia da portare con sè. La donna è accusata di aver ucciso la figlia di stenti.
Una seconda volta in tribunale, tra i banchi dell’aula di Milano. La storia di Alessia Pifferi lascia ancora increduli. Il processo che la vede coinvolta la accusa per la morte della figlia, Diana, di soli 18 mesi.
Alessia Pifferi è stata accusata di aver lasciato morire di stenti la neonata andando a fare una vacanza con il fidanzato. Nell’ultima udienza, la donna, ancora sotto choc per la situazione in cui si trova, avrebbe richiesto al tribunale di tenere con sè una foto della bambina.
Secondo quanto riporta TGCOM24, la fotografia la detiene l’ex babysitter che si occupava della bambina, donna che si è dimostrata disponibile a fargliela recapitare. Alessia Pifferi, 37 anni è stata poi arrestata a luglio per omicidio volontario aggravato.
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“Alessia Pifferi sta elaborando cosa è accaduto”, le parole dell’avvocato Solange Marchignoli
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Secondo quanto riportano le fonti, la donna che si è presentata nell’Aula del tribunale di Milano sarebbe ancora sotto choc per l’accaduto. Secondo quanto riporta TGCOM24, l’avvocato Solange Marchignoli avrebbe detto: “Alessia Pifferi sta elaborando quanto è accaduto” e poi avrebbe aggiunto che la donna si trova in serie difficoltà psicologiche ed è seguita dagli psicologi del carcere.
Il gip Fabrizio Filice ha respinto per due volte l’istanza degli avvocati difensori di far visitare Alessia Pifferi da alcuni specialisti, all’interno del carcere di San Vittore. La donna, secondo quanto si apprende non si sarebbe ancora resa conto di aver ucciso la figlia.
Nel frattempo emergono le indiscrezioni legate all’autopsia condotta sul corpo della piccola Diana, morta a luglio. Secondo le analisi, del lettino e dell’ambiente in cui è stata trovata la neonata, si sarebbe riscontrato nel suo stomaco frammenti di gommapiuma, come ad indicare che la piccola avrebbe mangiato qualche pezzo, in preda alla fame.
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